Venceslao, Venezia, Albrizzi, 1703
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Copia
SCENA VII
GISMONDO, poi VENCESLAO
GISMONDO
La notte avanza; e ’l prence
non viene ancora. Ei solo
col suo furor rimase,
815
torbido, minaccioso
e rivale e geloso.
VENCESLAO
Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
GISMONDO
Io qui l’attendo.
VENCESLAO
O dio! L’alma presaga
m’è di sventure e per Ernando io temo.
GISMONDO
820
(Ancor non vien).
VENCESLAO
Gismondo,
chiamisi tosto il duce Ernando.
GISMONDO
Al cenno
affretto il piè veloce.
(Temo anch’io l’ire di un amor feroce).