Temistocle, Venezia, Pasquali, 1744

 ARGOMENTO
 
    Temistocle, famoso capitano degli Ateniesi, dopo aver più volte difesa la libertà della patria e della Grecia dalle armi persiane, e principalmente nella battaglia di Salamina, fu sbandito fuori d’Atene da’ suoi cittadini, a’ quali la sua somma potenza faceva invidia o timore. Egli proccurò di ricovrarsi ora in Argo, ora in Corcira (oggi detta Corfù) ed ora appresso Admeto, re de’ Molossi; ma riuscendogli tutti questi luoghi poco sicuri per la persecuzione degli Ateniesi, ricorse finalmente ad Artaserse Longimano, re de’ Persiani, da cui fu accolto con tali dimostrazioni d’affetto e di stima e colmato di tali benefizi che pronunziò allora quel sì celebre detto: «Perieramus, nisi periissemus». Tutto ciò fu una fina politica d’Artaserse che sperava, col valore di lui, di poter sottomettere la Grecia, tentata altre volte indarno da’ suoi predecessori con tutte le forze dell’Asia, conferendogli a tale oggetto il generale comando delle sue truppe. Ricusò nondimeno il buon cittadino Temistocle un impiego che lo avrebbe reso ribelle alla sua patria, quantunque ingrata; ed il generoso monarca, non irritato da questo rifiuto, anzi ammirandone la virtù, non solo gli perdonò ma gli concesse anco in dono tre gran città nell’Asia, perché gli servissero ad un onorevole sostentamento. Morì in tal maniera Temistocle, consumato dagli anni in riposo, checché ne dicano in contrario altri scrittori, sognandosi il veleno da lui bevuto. In ciò dee darsi tutta la fede a Tucidide, storico a lui vicino di tempi, a cui si conforma Cornelio Nipote ed altri riguardevoli autori.