Gl’inganni felici, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XII
 
 ALCESTE e poi AGARISTA
 
 ALCESTE
760Va’, crudel, va’, tiranno
 dell’onor mio, della mia pace. Oh numi,
 troppo lenti nell’ira!
 Numi offesi, che fate?
 
    I vostri fulmini a chi serbate,
765se tutti in seno non li vibrate
 del traditor.
 
    Su, dall’etra incenerite...
 Ah, no, fermate.
 Più tosto cadano
770queste vendette sul mio dolor.
 
    Troppo cara mi è la sua vita
 e, in onta ancora del mio furor,
 l’amo, benché infedel, benché tradita.
 
 AGARISTA
 Così dolente, Alceste? A me i sospiri,
775a me lascia i tormenti.
 ALCESTE
                                            (Alma, per poco
 frena il giusto dolor). Di che ti affligi?
 AGARISTA
 T’ingannò, quando disse
 che mi amava Armidoro.
 ALCESTE
                                                E come il sai?
 AGARISTA
 Dopo avere all’ingrato,
780ah vil che fui! le fiamme mie scoperte
 ed io le sue dal suo bel labbro intese,
 con non torbida fronte,
 anzi con lieto ciglio udì l’infido
 col principe Demetrio i miei sponsali;
785e mi soggiunse poi l’empio spergiuro:
 «Quando t’abbia Demetrio, altro non curo».
 ALCESTE
 (O vago scherzo!) Ei t’ingannò né affanno
 nascer ti dee da così dolce inganno.
 AGARISTA
 E tu pur prendi a scherno il mio martoro?
 ALCESTE
790Ti consiglio, Agarista,
 quando Demetrio avrai, lascia Armidoro.
 AGARISTA
 Io Demetrio, giammai. Pria s’apra il suolo...
 ALCESTE
 Frena l’impeto e il duolo.
 Sappi che sotto il nome
795di Armidoro si asconde
 quel principe Demetrio, a te consorte.
 AGARISTA
 Che ascolto?
 ALCESTE
                          Il ver. Sei più infelice?
 AGARISTA
                                                                     O sorte!
 ALCESTE
 Ti è più pena la frode?
 AGARISTA
                                            Anzi mi alletta.
 Ma vo’ anch’io meditar la mia vendetta.
 
800   Dar martiri a chi si adora,
 è il trofeo della beltà.
 
    Far ch’ei sparga o due sospiri
 o una meza lagrimetta
 è un piacer che par vendetta,
805è una dolce crudeltà.