Griselda, Venezia, Niccolini, 1701

 Illustrissimo signore,
    sono di tal natura le obbligazioni, che professo all’altezza serenissima del signor duca di Modana, che non è ambizione ma gratitudine, non competenza ma debito il desiderio che ho di darne al mondo un qualche pubblico contrassegno; e siccome né la sua grandezza esige da me ch’io le renda quegli alti favori, che mi ha conferiti, né la mia debolezza è così temeraria che aspirar possa a codesta retribuzione, egli è nondimeno assai giusto ch’io rompa un silenzio che parer può sconoscenza e può farmi credere piuttosto ingrato che riverente. Ma perché i principi, agguisa di certi eccellenti artefici, si compiaciono d’esser piuttosto onorati nelle lor opere che in loro stessi, io stimo di far cosa più grata all’altezza sua serenissima, col dedicare a vostra signoria illustrissima questo mio dramatico componimento che se gli facessi portare in fronte il riverito suo nome. Una così matura risoluzione mi fa ottenere il mio fine con più modestia e, senzaché cambi l’oggetto, mi fa più onore con la elezione del mezzo. Imperocché, passando questo mio drama dalle mani di vostra signoria illustrissima a quelle del sovrano suo principe, perderà molto della sua naturale rozzezza e potrà essere ricevuto con quell’occhio di aggradimento e di stima, con cui egli è solito a rimirarla in tutte le operazioni del suo onorevole impiego. Ma se io lo dedico a lei, come a degno pubblico ministro di un principe, a cui devo tutto il rispetto e tutta la gratitudine, l’offerisco a lei parimente come a persona in particolare da me riverita ed amata, alla quale, se per più riguardi io non mi confessassi tenuto, mi parrebbe di esser notato fra quelli che per altro non taciono i benefizi che per l’impotenza in cui sono di renderli; né per altro si ascondono al loro benefattore che per la vergogna che pruovano in non potergliene dare la ricompensa. Tali motivi sono bastevoli a giustificar la mia scielta; ed io mi troverò interamente contento di aver incontrata l’occasione di dichiararmi di vostra signoria illustrissima affezionatissimo servidore ed amico.
 
    Apostolo Zeno