Lucio Vero, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VII
 
 LUCIO VERO, ANICETO e BERENICE
 
 LUCIO VERO
1105Tu miri, o Berenice,
 i doni d’un tiranno.
 Cesare a te gl’invia. Vedi se sono
 al tuo rigor dovuti e a’ torti miei.
 Vedi, prendili, o cara,
1110e con essi il mio cor. Succeda alfine
 nel tuo seno ostinato
 cesare a Vologeso. Ama un affetto
 che ti fa augusta; e se ancor forse indegno
 son degli affetti tuoi,
1115ama almen nel mio core
 il sovrano poter degli occhi tuoi.
 ANICETO
 
    Sì, begli occhi, disarmate,
 con chi v’ama, i vostri sguardi
 dell’inutile rigor.
 
1120   Né tornate ad irritar,
 vaghi ancor di lagrimar,
 tanta fede e tanto amor.
 
 LUCIO VERO
 E taci ancora?
 BERENICE
                             Augusto, io tacqui e intanto
 le tue voci ascoltai, vidi i tuoi doni.
1125Ma se credi che vinta
 m’abbia l’orror passato e il ben vicino,
 t’inganni assai, t’inganni. Un sol momento
 tanto non può. Questo real diadema
 mi è oggetto di terror. Vedi qual prezzo
1130trovi nell’alma mia. Vedi, il rifiuto
 e con esso il tuo amor. Solo il mio sposo
 quel ben saria...
 LUCIO VERO
                                Troppo soffersi, ingrata.
 Aniceto.
 ANICETO
                   Signore.
 LUCIO VERO
                                     A Vologeso
 reca ferro e velen. Digli ch’entrambi
1135Berenice gl’invia. Digli che scelga
 qual più gli aggrada. (Io vedrò morto alfine
 l’autor dell’altrui fasto e del mio duolo).
 BERENICE
 Ferma.
 LUCIO VERO
                 Ubbidisci.
 ANICETO
                                       Io volo.