Gl’inganni felici, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XVI
 
 SIFALCE ed AGARISTA
 
 SIFALCE
 Ben felice sarei, se tale avessi
 virtù da sollevar l’aspre tue pene,
 bellissima Agarista,
 ma dar gioie non può chi non ne tiene.
 AGARISTA
355Or via, snoda la lingua a’ dolci accenti.
 SIFALCE
 Eccomi pronto. (Sifalce siede alla spinetta)
 AGARISTA
                                Io qui m’assido. (Si asside dirimpetto a Sifalce)
 SIFALCE
                                                                Or senti. (Accompagna il canto col suono)
 
    Felice chi amore
 al cor mai non prova...
 
 AGARISTA
 Non più.
 SIFALCE
                    Che? Non ti piace?
 AGARISTA
                                                         Altra ne trova.
 SIFALCE
 
360   La speranza è un falso bene...
 
 AGARISTA
 Taci, che il mio dolor nasce da spene.
 Di Achille in servil manto
 travestito già in Sciro a me i lamenti...
 SIFALCE
 T’intesi. (E già mi accingo
365a dir con l’altrui pianto i miei tormenti).
 «Tra vili spoglie involto
 stava per Deidamia quel forte Achille,
 ch’esser dovea della troiana gente
 l’esterminio più fiero,
370e col nodoso braccio
 ora tigri, or leoni a vincer uso,
 la conocchia trattava e torcea il fuso.
 Quando celar più non potendo un giorno
 l’amoroso ardor suo, mesto s’affisse
375nel vago volto e sospirando disse...»
 AGARISTA
 Questa è di genio mio.
 SIFALCE
                                            (Fors’ella gode
 che le scopra così gli affetti miei).
 AGARISTA
 (Che tal fosse Armidoro anch’io vorrei).
 SIFALCE
 
    «Deh non mi avere a sdegno,
380se te, Deidamia, adoro»;
 
    sotto vil manto indegno
 talor grand’alma stassi.
 Così tra glebe e sassi
 si asconde aureo tesoro.
 
385   Deh non mi avere a sdegno,
 se te, Agarista, adoro.
 
 AGARISTA
 Che dicesti?
 SIFALCE
                          Condona.
 La lingua mia, già del suo fallo avvista,
 dir volea Deidamia, non Agarista.
 
390   «Tu vedi in rozzi panni (Sifalce alla spinetta)
 Achille che ti adora».
 
    Per te sì crudi affanni,
 mio ben, finor provai
 che, se pietà non m’hai,
395forza sarà ch’io mora.
 
    Tu vedi in rozzi panni
 Orgonte che ti adora.
 
 AGARISTA
 Spesso in errori inciampi.
 La canzon dice Achille e non Orgonte.
 SIFALCE
400Mi ha confuso il chiaror della tua fronte.
 AGARISTA
 Sorgi e tu pure ascolta
 la risposta gentil di Deidamia. (Agarista va alla spinetta)
 SIFALCE
 Curioso ti attendo.
 AGARISTA
 (Parlar così teco, Armidoro, intendo).
 
405   Non so che di augusto e grande
 ben vedea nel tuo sembiante.
 
    Troppo muto arse il tuo core;
 se svelavi il chiuso ardore,
 prima ancor ti accogliea sposo ed amante.
 
 SIFALCE
410Ben t’intesi, alma mia.
 AGARISTA
 Tu vaneggi, Sifalce. Al vago Achille
 rispondeva così già Deidamia.
 SIFALCE
 E ben di Achille anch’io,
 come già comandasti,
415le parti sostenea.
 AGARISTA
                                  Ma troppo osasti.
 Vanne.
 SIFALCE
                 (O sciocchi deliri!
 Ingannaste sol voi gli affetti miei).
 AGARISTA
 (Ma così ad Armidoro io non direi).