Lucio Vero, Venezia, Niccolini, 1700

 SCENA VII
 
 LUCIO VERO, BERENICE ed ANICETO
 
 LUCIO VERO
 Tu miri, o Berenice,
 i doni d’un tiranno.
 Cesare a te gl’invia. Vedi se sono
 al tuo rigor dovuti e a’ torti miei.
1110Vedi, prendili, o cara,
 e con essi il mio cuor. Succeda alfine
 nel tuo seno ostinato
 cesare a Vologeso. Ama un affetto
 che ti fa augusta; e se ancor forse indegno
1115son degli affetti tuoi,
 ama almen nel mio cuore
 il sovrano poter degli occhi tuoi.
 ANICETO
 
    Sì, begli occhi, disarmate,
 con chi v’ama, i vostri sguardi
1120de l’inutile rigor.
 
    Né tornate ad irritar,
 vaghi ancor di lacrimar,
 tanta fede e tant’amor.
 
 LUCIO VERO
 E taci ancora?
 BERENICE
                             Augusto, i’ tacqui e ’ntanto
1125le tue voci ascoltai, vidi i tuoi doni.
 Ma se credi che vinta
 m’abbia l’orror passato e ’l ben vicino,
 t’inganni assai, t’inganni. Un sol momento
 tanto non può. Questo real diadema
1130m’è oggetto di terror. Vedi qual prezzo
 trovi ne l’alma mia. Vedi, il rifiuto
 e con esso il tuo amor. Solo il mio sposo
 quel ben saria...
 LUCIO VERO
                                Troppo soffersi, ingrata.
 Aniceto.
 ANICETO
                   Signore.
 LUCIO VERO
                                     A Vologeso
1135reca ferro e velen. Digli ch’entrambi
 Berenice gl’invia. Digli che scielga
 qual più gli aggrada. (Io vedrò morto alfine
 l’autor de l’altrui fasto e del mio duolo).
 BERENICE
 Ferma.
 LUCIO VERO
                 Ubbidisci.
 ANICETO
                                       Io volo.