Faramondo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XXI
 
 TEOBALDO, CLOTILDE, ADOLFO e i detti
 
 TEOBALDO
 (Oimè! Tradito io son).
 GUSTAVO
                                             Non fu mio figlio?
 CHILDERICO
 Tel confermi Teobaldo. Ei gli fu padre.
 GUSTAVO
 Childerico, il tuo capo
 mi placherà, se menti.
 CHILDERICO
1590Non rifiuto la pena.
 TEOBALDO
                                       (Astri inclementi).
 GUSTAVO
 Dimmi, rea di più colpe, anima infame,
 qual fu Sveno? Chi padre
 gli fu? Perché ingannarmi? Il tuo timore
 già ti accusa al mio sguardo, o traditore.
 TEOBALDO
1595Perdon ti chiedo.
 GUSTAVO
                                  Parla.
 TEOBALDO
                                               Io fui di Sveno
 padre.
 GUSTAVO
                Ma come? E quando?
 TEOBALDO
                                                         E lunga e molta
 serie di casi in brevi note ascolta.
 Della guerra fatal, mossa da’ Cimbri
 contumaci al tuo scettro,
1600ben ti dee sovvenir. Fu allor che nacque
 Sveno. Te chiama all’armi
 il periglio e la gloria; e alla mia fede
 è commesso il bambino.
 Pugni, vinci e ritorni. Amor di padre
1605allor m’insegna i mal orditi inganni.
 Vago che un dì regal diadema in fronte
 sfavillasse a un sol figlio,
 che in pari età, mi avea concesso il cielo,
 in loco del tuo Sveno il mio ti porgo.
1610Tuo lo credi, tuo l’ami e tuo lo piangi,
 quando l’odi trafitto.
 Ma più misero padre,
 io piango la sua morte e il mio delitto.
 ADOLFO
 Che strani eventi!
 GUSTAVO
                                    E del mio figlio, iniquo,
1615qual fu la sorte?
 TEOBALDO
                                Ei vive.
 Tel rendo in Childerico e a me perdona.
 CHILDERICO
 Io quel?
 GUSTAVO
                   Ma chi mi accerta
 che tu ancor non m’inganni?
 TEOBALDO
                                                       Il mio dolore,
 l’odio mio tel confermi.
1620Perch’era padre a Sveno,
 l’uccisor volea morto.
 Perché non l’era a Childerico, io stesso
 bramar potea che ne versassi il sangue.
 GUSTAVO
 Figlio.
 CHILDERICO
               Padre, mio re.
 GUSTAVO
                                           L’indole eccelsa
1625mi ti addita, e il mio cor. Tanta virtude
 non potea di un tal padre esser mai figlia.
 Pur ti abbraccio.
 ADOLFO e CLOTILDE A DUE
                                 O contento!
 FARAMONDO e GERNANDO A DUE
                                                         O maraviglia!
 GUSTAVO
 Di un mio figlio la vita
 fa vano il giuramento. Or, Faramondo,
1630vivi e scorda i tuoi mali. Or ti concedo
 Rosimonda in isposa; ed ella omai
 venga a goder di sì felici eventi.
 FARAMONDO
 Non mi opprimete il cor, dolci contenti.
 Sol, Gernando, il tuo amor...
 GERNANDO
                                                      Vani rispetti.
1635Sia pur tua Rosimonda;
 la colpa mia già me ne rese indegno;
 né ti dee minor prezzo
 un re, cui desti e libertade e regno.
 GUSTAVO
 Omai l’illustre scena,
1640che tragico apparato esser dovea
 al cader del gran re, popoli, or sia
 spettacolo giulivo alla sua gloria.
 Tutta cada in Teobaldo (Qui principia a comparir la macchina)
 l’ira e mora il fellon.
 CHILDERICO
                                        No, viva. Il dono,
1645che ti richiedo, è questo.
 GUSTAVO
 Viva, sì, che al suo inganno
 io sol devo l’onor del mio perdono.
 CLOTILDE
 Sposo, germano, or sì felice io sono.