Faramondo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XVI
 
 ROSIMONDA, CLOTILDE, GERNANDO e i suddetti
 
 ROSIMONDA
                                            E a Rosimonda
 parte del caro amplesso
 permetti, o genitor.
 GUSTAVO
                                       Figlia, e qual fato
 libera mi ti rende?
 ROSIMONDA
                                      Il forte braccio
 che te sciolse da’ nodi.
 CLOTILDE
                                           Ei fu che invitto
1455pose in fuga gli Svevi.
 ADOLFO
 Fe’ prigioniero il rapitor lascivo.
 ROSIMONDA
 Trasse noi di periglio.
 TEOBALDO
                                           E il miro?
 GERNANDO
                                                                E vivo?
 GUSTAVO
 Ma qual sei tu, cui tanto devo?
 FARAMONDO
                                                          Io sono
 quello, gran re... (Faramondo si alza la visiera dell’elmo)
 GUSTAVO
                                  Qual fiero oggetto, o lumi,
1460vi si appresenta! Ed ho potuto io stesso
 al mio crudel nimico
 porger il dolce amplesso?
 Né mel disse in quel punto
 il mio sangue, il mio cor?
 ROSIMONDA
                                                 Rammenta...
 GUSTAVO
                                                                           Iniquo,
1465lasciami ne’ miei ceppi.
 Odio la libertà, s’ella è tuo dono;
 e se vieni per farti
 arbitro di mia vita, al tuo furore
 saprò torne il piacer, saprò svenarmi;
1470né al risoluto cor mancheran l’armi. (Getta da sé la spada datagli da Faramondo)
 FARAMONDO
 Del tuo furor l’impeto affrena e mira
 quale a te mi appresento.
 CLOTILDE
 (La virtù di quell’alma ancor pavento).
 FARAMONDO
 Miei guerrieri, abbastanza
1475vi fui guida a’ perigli. Ite e lasciate
 libero a’ Cimbri e al mio destino il campo. (Partono le guardie di Faramondo)
 GERNANDO
 (Che mai farà!)
 FARAMONDO
                                Gustavo,
 ubbidisco alla legge
 che m’imponesti. Armato
1480mi vedesti poc’anzi
 sol per tua libertà. Seppi ’l tuo rischio,
 lo temei, ten difesi e il ciel mi arrise.
 GUSTAVO
 Che ascolto!
 FARAMONDO
                         Or che sei salvo,
 non mi resta a temer che l’altrui morte
1485nel tuo furor. Ti chiedo
 ciò ch’è mio, tu mel devi. Io di quell’ire
 propria vittima son. Vengo a morire.
 ROSIMONDA
 (Grand’alma).
 ADOLFO
                              (Invitto eroe).
 GUSTAVO
                                                          (Cor di Gustavo,
 come langue il tuo sdegno? E come a vista
1490del tuo nimico il perdi?) Ah, Faramondo,
 hai vinto l’odio mio. Ma che mi giova
 se salvar non ti posso?
 Giurata ho la tua morte; e il giuramento
 ebbe i numi presenti.
1495Sarò a forza crudele; e innanzi all’ombra
 di Sveno, ombra tu esangue,
 sparso andrai del mio pianto e del tuo sangue.
 FARAMONDO
 Signor, giusto è quel colpo,
 che scender dee, né mi si tardi. Il chiedo
1500per mio gastigo al padre,
 per mia pace alla figlia.
 CLOTILDE
                                             Il cor si spezza.
 ROSIMONDA
 Padre, il colpo funesto
 non ho cor da mirar. Lascia ch’io parta.
 E tu, crudel, che ancora
1505dopo il divieto mio sprezzi la vita,
 non creder solo a Dite
 passar. Ti seguirà quella che stimi
 tua nimica e che t’ama.
 FARAMONDO
 Tu?
 ROSIMONDA
           Sì, che non è giusto
1510che tu mora e nol sappi.
 FARAMONDO
                                              O me beato!
 ROSIMONDA
 Sia debolezza o sia
 ragion, vuol darti almeno
 quest’ultimo piacer l’anima mia.
 
    Se il dirvi che vi amo
1515può farvi tranquille,
 sì, v’amo, o pupille;
 né il vo’ più tacer.
 
    È tutto in me estinto
 quel primo rigore;
1520e amore mi ha vinto
 col vostro poter.