Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 SCENA XVII
 
 ADOLFO e CLOTILDE
 
 ADOLFO
 Pensa, amabil Clotilde,
 ma risolvi in mio pro.
 CLOTILDE
                                           Mio caro Adolfo,
940l’iniqua legge udisti?
 ADOLFO
 L’udii; né i rischi miei
 fecermi orror. La tua pietà temei.
 CLOTILDE
 Dolce mio ben, perdona.
 I tuoi ceppi, i tuoi mali
945sol per me tu sostieni. In tal periglio
 ti gettò l’amor mio. Posso salvarti
 e lo dovrei. Pur quella,
 quella son io che ti condanno; e sento
 che l’orror di tua morte
950non è a quest’alma il più crudel spavento.
 ADOLFO
 Io peria, se a tal prezzo
 tu mi salvavi. In te quest’alma ho viva;
 e in te la perdo, o cara.
 Lascia pur che quest’occhi
955io chiuda col piacer de la tua fede,
 con l’onor del tuo affetto.
 Nega altrui quella destra
 che mia sperai. Morrò contento e solo
 avrò duol che ’l mio sangue a trar non basti
960Faramondo di rischio e te di affanno.
 CLOTILDE
 Resisti, anima mia.
 ADOLFO
 Pur chi sa che morendo
 non ti plachi gli dei? Ma se altrimenti
 stabilito han lassù, cara ti sia
965la rimembranza mia.
 Né abborrir, te ne prego,
 figlio innocente in genitor tiranno.
 CLOTILDE
 A tal segno tu m’ami?
 Ed io son la crudel che ti condanno?
 ADOLFO
970Clotilde, addio. Tu piangi e perch’è figlio
 d’amor temo il tuo pianto.
 Il vedermi ti affligge e forse in seno
 t’ispira una pietà per me funesta.
 Addio, Clotilde. Adolfo
975qui per l’ultima volta
 una morte che il salva in don ti chiede.
 Se la vita gli dai, questa è tua colpa.
 Ma se ’l lasci morir, questa è tua fede.
 
    Ho due vite ma cara e gradita
980m’è sol quella che vien dal tuo amor.
 
    Poiché tor mi si deve una vita,
 morir lascia la parte più vile
 e in te serba la parte miglior.