Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 SCENA XV
 
 ROSIMONDA e FARAMONDO
 
 FARAMONDO
 Rosimonda, ecco il primo
 testimon del mio duol. Libera sei.
390Con la tua libertà quella ti rendo
 di questa reggia. Al genitor Gustavo
 fia reso il tolto; e quando
 che oprar per te più non mi resti, il mio
 sangue verrò ad offrirti. Al tuo riposo
395forse inutil non fia.
 ROSIMONDA
 (Ah che più non lo speri, anima mia!)
 Faramondo, il destino
 tua nemica mi rese. Il giuramento
 mi confermò. Voglio il tuo sangue. A Sveno
400lo devo e i doni tuoi
 non bastano a cangiarmi. O dio! Più tosto
 stringi le mie ritorte.
 Se mi fai più infelice, io son più giusta.
 Se mi se’ più nemico, io son più forte.
 FARAMONDO
405Serba pur l’odio tuo.
 Col darti libertà placar nol tento
 né ti chiedo pietà. Bastami solo
 che tu vegga il mio duolo.
 Maggior tel mostrerei; ma temo in dirlo
410farmi più reo. M’impone
 un sì giusto timore
 ch’io t’asconda il piacer d’un mio tormento.
 ROSIMONDA
 (O Sveno! O Faramondo! O giuramento!)
 FARAMONDO
 Rosimonda, io ti lascio.
415Agli occhi tuoi troppo funesto io sono.
 Addio. L’ultimo istante
 questo forse sarà che tu mi vedi
 o tornerò ma per morirti a’ piedi.
 
    Verrò a prender, volto amoroso,
420le tue leggi, sol per placarti.
 
    Sarai fiero, sarai sdegnoso;
 e pur solo fia ’l mio conforto
 spirar l’alma nel rimirarti.