Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 SCENA V
 
 GERNANDO e FARAMONDO
 
 GERNANDO
 Faramondo, al tuo braccio
 prima dovea la libertade e ’l regno.
 Oggi devo assai più. Devo l’acquisto
120di Rosimonda.
 FARAMONDO
                              In tuo poter, Gernando,
 l’armi e ’l fato l’han posta. Il più ti resta
 ora a compir. Devi espugnarne il core.
 GERNANDO
 Lo faran mio necessitade e amore.
 FARAMONDO
 In cor plebeo sveglia la tema affetti,
125odi in alma real. Gernando, amico,
 se ti è caro il riposo
 del tuo core e del mio, se amor tu cerchi
 da quel di Rosimonda...
 GERNANDO
 Che far degg’io?
 FARAMONDO
                                 Tenta placarne il duolo,
130mitigarne lo sdegno.
 GERNANDO
 Come?
 FARAMONDO
                 La libertà rendile e ’l regno.
 GERNANDO
 Ah crudel! Qual consiglio?
 FARAMONDO
                                                  Il so, Gernando,
 crudel sembro e son giusto. O qual poc’anzi
 qui la vidi ancor sparsa
135de la morte fraterna!
 D’un sì funesto oggetto
 non t’invogli il desio. Ripara a tempo
 generoso i suoi mali; e men che puoi
 colpevol ti presenta agli occhi suoi.
 GERNANDO
140Per acquisto sì caro
 che non tentai? Che non soffersi? Il regno
 torni de’ Cimbri al suo signor; gliel rendo;
 ma ch’io lasci il possesso
 di Rosimonda? Amico, o tu ti penti
145de l’antica amistade o tu mi tenti.
 FARAMONDO
 Tolga il ciel che a le sacre
 leggi manchi quest’alma. Aver mi duole
 offesa Rosimonda,
 non servito a Gernando.
 GERNANDO
                                               Ah Faramondo,
150dubito de’ tuoi casi e intendo i miei.
 O tu nemico o tu rival mi sei.
 FARAMONDO
 (Aimè!)
 GERNANDO
                   Ti turbi?
 FARAMONDO
                                      Io l’amo; a che niegarlo?
 Ma l’amo d’un amor che non t’offende.
 Rendila al padre; ed io
155più non vedrolla; il giuro a’ numi e ’l giuro...
 GERNANDO
 Non dà fede quest’alma a cor spergiuro.
 Saprà il ferro e la vita
 serbarmi Rosimonda.
 FARAMONDO
 Tua la renda l’amor.
 GERNANDO
                                        Leggi non prendo
160da un mio rival. Già da quest’ora obblio
 un’amistà che hai tu primiero infranta.
 E perché a te risparmi
 più rossori il pensier, più pene il core,
 ti lascio in libertà di non amarmi.
 FARAMONDO
165Qual fu sarà quest’alma
 anche in onta d’amor. Nulla ti chiedo
 che l’amistade offenda.
 Chiedo sol che tu renda
 la libertade a Rosimonda.
 GERNANDO
                                                 Il prezzo
170ne sarà il nostro sangue.
 FARAMONDO
                                               Addio, Gernando.
 Vo’ doverla al tuo cor, non al mio brando.
 
    Son rival, non infedele;
 e sol chiedo, al caro bene,
 che tu renda libertà.
 
175   Con lasciarlo in tante pene
 tu gl’insegni crudeltà.