Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA VII
 
 METILDE, ADOLFO e poi ENRICO
 
 ADOLFO
 (Che sarà mai?)
 METILDE
                                 Si vince amor ch’è fiacco;
 ma nel cuor di Metilde ad espugnarsi
 facil non è.
 ENRICO
                       Consorte.
 METILDE
                                           O numi! Enrico...
1000Traveggon gli occhi?
 ENRICO
                                        Io son Enrico, io vivo.
 Ti rassicura.
 METILDE
                          (O me infelice!) (Non lo miri)
 ENRICO
                                                          Il guardo
 volgi a me. Che paventi?
 METILDE
 Lasciami.
 ENRICO
                     Ch’io ti lasci?
 Perché?
 METILDE
                  Lo sa quest’alma.
 ENRICO
1005A che mi sdegni?
 METILDE
                                   (O fede! O amor!)
 ENRICO
                                                                      Metilde.
 METILDE
 Son gli occhi miei di rimirarti indegni. (Si volge a lui ed abbassa gli occhi)
 ENRICO
 Sposa leal, le tue ripulse ancora
 mi son pegno di fede. Il fier tiranno
 so che tentò... Ma ti consola, o cara.
1010Nulla ottenne l’iniquo
 né rea tu sei di sue lascivie. Onore
 illeso è in te, se fu pudico il cuore.
 METILDE
 (Più non è tal, colpa d’ingiusto amore).
 Ah Enrico! (Alzando gli occhi languidamente su Enrico; poi torni ad abbassarli)
 ENRICO
                        Eh, lascia il vano
1015Timor. Vinci i rimorsi.
 Tempo è d’oprar, non di lagnarsi. Estinto
 per te cada il tiran, ne la cui vita
 a te vollero i numi
 la gloria riserbar de la vendetta.
 METILDE
1020(Vive anco il re?)
 ENRICO
                                   Non lice
 tardar, si può perir. Vanne e l’affretta.
 
    Mio ben vezzoso,
 da’ pace al regno
 ma prima al cuor.
 
1025   Ei contro a l’empio
 sia tutto sdegno,
 verso al tuo sposo
 sia tutto amor.