Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XII
 
 ODOARDO con guardie, EDUINO sul trono, METILDE in disparte
 
 ODOARDO
 Da la cieca prigion che a me tant’anni,
 più che albergo, è sepolcro,
 a te, mio re ma mio germano ancora,
 tratto né so a qual fine, ecco m’inchino
260e intrepido qui attendo il mio destino.
 EDUINO
 Questo giorno, Odoardo,
 finirà le tue pene, i miei sospetti.
 Tu dei morir.
 ODOARDO
                            La morte,
 che tu m’annunzi, è lungo tempo, o sire,
265che da vicino a rimirar son uso.
 Ma se tanto mi lice
 pria di morir, di qual error son reo?
 Quando t’offesi?
 EDUINO
                                 A re che ti condanna
 non mancano ragioni; e se in te stesso
270colpevole non sei, sei reo negli altri.
 Mi fa guerra il tuo nome; ei di pretesto
 serve a’ popoli infidi e contumaci.
 Te estinto, ecco atterriti
 da l’esempio i più audaci.
 ODOARDO
275Se a tante guerre, a tanti mali io posso
 giovar con la mia morte, ella mi è cara.
 Ma, signore, altri e molti
 nemici tuoi noti a me son.
 EDUINO
                                                  (Che ascolto?)
 Nemici occulti?
 ODOARDO
                                E tali
280che ognor ti stanno al fianco e lusinghieri
 t’insultano il riposo e poi la vita.
 METILDE
 (O cieli! E che dirà?)
 EDUINO
                                         Deh li rivela;
 e fia prezzo al tuo zelo il mio perdono.
 ODOARDO
 Anzi vo’ che, scuoperti,
285m’affrettino il morir.
 EDUINO
                                         Non più. Quai sono?
 ODOARDO
 Questi sono, Eduino,
 questi sono i tuoi vizi, i tuoi delitti.
 Tanti adulteri e tanti stupri e tanti
 altari profanati,
290tanti oppressi innocenti,
 la tua impietà, la tua barbarie, il tuo
 poco zelo di fede,
 poco rispetto a’ numi e l’altre e tante
 iniquità che a me rossor fan dette,
295vie più che a te commesse,
 son queste i tuoi nemici. Essi del cielo
 a te acquistano l’odio e de la terra.
 Essi, non Odoardo, essi, o germano,
 nel tuo regno e in te stesso a te fan guerra.
 EDUINO
300Qual orgoglio?
 METILDE
                              (Qual cuor?)
 ODOARDO
                                                        Vedo; t’irrita
 questa mia libertà. Ma le tue colpe
 chi può adular, puote imitarle ancora.
 Libera pur te stesso
 da un sì odioso testimon. M’uccidi
305per non m’udir. Ma, più feroci assai
 dopo il sangue fraterno,
 latrarti in seno i tuoi rimorsi udrai.
 
    Fa’ ch’io mora ed il mio sangue
 ti fomenti in crudeltà.
 
310   Ombra ignuda e spirto esangue,
 farò guerra al tuo riposo
 e ’l tuo error ti punirà.