Il Narciso, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VIII
 
 URANIO e i sudetti
 
 TIRRENO
                                                        Or seco
 potrai cantar della tua ninfa i pregi.
 URANIO
 Se non ne sdegni ’l paragon...
 LESBINO
                                                        Son pronto.
 TIRRENO
 Un mio baston di faggio,
 che già in dono mi diede il vecchio Aminta,
620fia degno premio al vincitor. Noi tutti
 i giudici sarem del canto vostro.
 URANIO
 Cantiam, tu d’Eco, io di Cidippe il volto.
 TIRRENO
 Lesbin principi, Uranio segua. Attento
 ognun taccia. Io v’ascolto.
 LESBINO
 
625   Occhi cari, adorati,
 vive del sol fiammelle,
 occhi non siete, no, ma siete stelle.
 
 URANIO
 
    Labbra dolci e soavi,
 cune di amor vezzose,
630labbra non siete, no, ma siete rose.
 
 LESBINO
 
    Dell’aureo crine meno biondeggiano
 le spiche intatte.
 
 URANIO
 
    È assai men bianco del fronte candido
 il puro latte.
 
 LESBINO
 
635   Ma con sì gran beltà,
 come accordi, idol mio, tanta empietà?
 
 URANIO
 
    Con sì gentil sembianza,
 come si unisce, oh dio! tanta incostanza?
 
 LESBINO
 
    Vedrò prima al mio pianto i sassi piangere
640e sospirare a’ miei sospiri i frassini
 che mai quel duro cor io possa infrangere.
 
 URANIO
 
    Vedrò prima su l’ali il vento immobile,
 le frondi non cader degli euri al sibilo
 che mai trovi costanza in cor sì mobile.
 
 LESBINO
 
645   Crudel, quanto tu vuoi
 sprezzami, usa rigor;
 amerò gli occhi tuoi,
 ti porterò nel cor.
 
 URANIO
 
    Infido e bel sembiante,
650schernisci la mia fé;
 ti adorerò costante
 e vivrò sol per te.
 
 TIRRENO
 Non più, cari, non più, di premio eguale
 degno è l’emulo canto. Ambi vinceste.
655Mediterò per ambi egual mercede.
 Or la danza succeda,
 ninfe leggiadre, e qui compisca il gioco;
 ma d’amor pria si canti e l’arco e il foco.
 
 CORO
 
    Dove non giunge, amor,
660il foco tuo possente,
 il tuo fulmineo tel?
 
   Qual duro cor nol sente,
 se il sentono l’inferno,
 la terra, il mare e il ciel?
 
 Il fine dell’atto terzo