Metrica: interrogazione
435 settenari (recitativo) in Ormisda Venezia, Pasquali, 1744 
e che passi un mio figlio
questo or si adempia e regni
non v’ha chi meglio intenda
miei chiusi affetti. A tempo
co’ tuoi, co’ nostri voti.
al tuo trono, al tuo piede
Lieta in voi del mio regno
gli omaggi accetto. Il cielo
il cui senno, il cui petto
                              Che fia?
Tal, mio Ormisda, è il costume
Giusto, sire, è il tuo sdegno;
                                Perdona (A Cosroe)
                              (La sorte
                     Ma Cosroe
dall’onor di un tuo amplesso.
Vuoi palme? Io te le appresto;
soffrir ch’altri m’usurpi
sol pochi e freddi avanzi.
Non ti chiede il mio pianto
questo ancor nega. Ormisda
il re, il marito, il padre.
quanto v’invidio! O padre,
Regna sui Persi; io il primo
sarò de’ tuoi vassalli.
            Che vuoi dir?
                                       Quel figlio
fa’ quanto puoi, superbo,
Convien dunque ch’io cada
la destra, o re, ma solo...
                  Tu opportuno
Senza te, trema, iniquo, (Verso Cosroe)
Di’. Qual furor l’ha mosso
Ma nell’odio dell’ una,
No no, mi è re, mi è padre.
Né sì estremo è il periglio
tutto a te deggio; e l’opra
Cosroe di Ormisda è figlio.
Qui Cosroe? Ei da me vide (Sfodera uno stilo)
Su, destra, e che si tarda? (Con voce alta ma fingendo di parlar tra sé)
Che sarà? Cauto, o Cosroe.
                  Non ti confonda
                   Sì. Negarlo
Prendi tu questo ferro (Dando lo stilo a Cosroe)
Sorgi. Del tuo delitto (Erismeno si leva)
e s’anche vuoi ch’io volga
re per l’ultima volta. (Si cava la corona di capo, tenendola poscia in mano)
Ciò che mediti il padre, (Verso Palmira)
Deh! Qual crudel consiglio?
                             Si taccia.
fatal diadema. Ormisda, (Rimettendosi la corona in capo)
ti chiese opra o consiglio,
si dileguan già l’ombre.
né all’offesa né al fallo.
Grazia, o re, grazia, o padre.
Vaglia a chi errò in difesa
                               O cieli!
                               Il vero.
                                   Già intendo;
prigion mi tolga al giorno.
                  Di trama ordita
Tal lo credea chi ’l finse.
                                 Un colpo
               Qui vieni e giura
Eh! Son tuoi sdegni, Ormisda,
Venga. Vi aggiungo il voto, (Si parte una delle sue guardie)
Quale audacia?... (Palmira si avanza)
                                  No, Ormisda.
Sempre il perfido è ingrato.
               Tu torni, Ormisda,
                            Il campo è in armi;
                Ed alla testa
                  Che far deggio?
                              Che ti arresta?
Deh! Per queste ch’io spargo (S’inginocchia)
                 Tacer mi è forza.
Ma stride l’uscio e v’entra
Prence, hai d’uopo di tutta (Stando in lontano)
                             È vero,
                              O inciampo!
                 Signor, gli affetti
               Festi, o regina, (Avanzandosi)
e comincia da me. (Copre con la sua persona quella di Cosroe)
                    O degno amante!
Padre, il rubel, l’iniquo (Mettesi a’ piè del padre)

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