Metrica: interrogazione
464 settenari (recitativo) in Sirita Vienna, van Ghelen, 1719 
vuoi tu, signor, che resti
Giovane è ancor la figlia;
e qual del sesso è l’uso,
perché tu l’abbia a vile.
rischio di chi ’l possiede,
diè natura il suo pregio,
a l’uom senno e fortezza;
Folle! E tu l’esser bella,
No no, son tutti, o padre,
Solo a te stessa, o figlia,
vedrai ben tosto. Un troppo
egli è un voler che tutta
dare a’ tuoi preghi, almeno
Principi, udiste. Un guardo
Può stare arcano in corte?
Qual gittato in gran fiamma
Deh! M’aita e consiglia.
È ver; né ha forza in lei
la tua per l’altrui vita.
                      Fingi disprezzo;
sia d’amor, sia di sdegno,
                            Irriti
Non più. Cauto gli agguati
disponi e l’armi. In breve
di strali armate e d’arco,
Ma donde un tal consiglio?
Ottaro, il cui bel volto (Accennando il ritratto di lui)
che tu con l’inconstanza.
gli affetti a te promessi.
non seguir ch’io ti diedi?
Rimprovero che è giusto. (Ad Iroldo)
Anche lo scherno al torto? (Sta come in disparte pensosa)
t’innalzi e fuggi amore,
E là s’indrizzi il passo.
e l’altre aduna... Ah, quella
negli atti e nel sembiante!
Altro è ’l labbro, altro il core.
Vedi là quel che d’elmo (Mostrando il ritratto di Ottaro, appeso tra gli altri nella galleria)
                    Egli il re Sveco
                                   Invitto.
Alcuno e’ fia de’ nostri
più t’ama e più del regno...
                                  E servo.
               Questi m’impose,
l’arte ha vinta sé stessa.
Stupido il grande osservo...
Vedi gli aurati strali (Prende da un altro un fascio di dardi)
Ma più gloria è de l’alme
Lusinghiero ed audace. (A Romilda)
l’amante e i doni. Ei vada.
e che è più lieve impresa
Ite; il bosco cingete; (Ad una parte delle sue guardie, la quale dipoi se ne va)
                                 Alinda,
                                È salva
che quai piacciono a l’occhio
drizzagli in fronte e ’l ferro,
                              Al rischio
                                Romilda...
                            Iroldo?
                              Da speme
qual se stretto in sue braccia
                                  Iroldo
Può da l’amore a l’odio
Taci. È vero. In quest’alma,
e, s’or vi assente il core,
dagli occhi e da le labbra.
in cui mi entrò ne l’alma
chiami colpa, è già colpa.
Uom non v’ha più perverso
                            Seguito
Sinché spirto v’ha in uomo,
Volgiti ed a’ tuoi sguardi
Ma se il guardo non regge (Snuda la spada)
Stringilo e fa’ ch’ei perda (Gliela presenta)
(O dio! Qual non più inteso
e ch’io ti offenda, ingrata.
Sirita, ecco mi uccido. (In atto di volersi ferire)
sviene. Già cade. O cieli! (Corre a sostenerla e le lascia cadere a’ piedi la spada)
mi appresti il vicin rio... (Si allontana alquanto e Sirita allora si leva e con prestezza raccoglie di terra la spada caduta)
(Vien la serpe a l’incanto).
del tuo l’esempio e sprezzo...
No no, che a sì gran prezzo
anch’io io tua fede assolvo.
tal fissa e assorta anch’io
Né questo è ’l primo giorno,
né ’l primo, in cui mi accendi
fingi e ’l mio dir seconda.
No no, la tua costanza, (Alzando la voce)
(Si duol de’ miei rigori). (A parte)
Al mio dir non si scuote. (Piano a Romilda)
Tolga il ciel ch’io più voglia
Questo del tuo consiglio   (Piano a Romilda)
(Alma, sii più tranquilla. (Da sé)
Fu mio primo e sol voto (Accostandosi a Sirita)
Sì bell’ira sostieni. (Piano ad Ottaro)
È deluso il mio sdegno, (Piano a Romilda)
                          Romilda,
Lieta oltre l’uso e adorna
                                 Ammutisci?
                       Al cimento.
                        Ogni altra
Mira il mio scoglio. (Mostrandogli Sirita)
                                      Alinda,
Poco resta a la fiamma (A Romilda)
altrui la chieggo invano. (Sta alquanto pensosa)
e meno a gelosia. (Alzando gli occhi s’incontra in quelli di Ottaro che mai non la lasciava di vista e, appressandosele velocemente, le getta di mano la facella)

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