Metrica: interrogazione
262 settenari (recitativo) in Euristeo Venezia, Pasquali, 1744 
da un dubbio Marte; e in questo
Non facciam torto al cielo
Che? Soffrirei ch’uom nato
che la mia quasi è vinta;
non so se appien contento.
Non più, che in pro del giusto
Glaucia, a chi spada impugna,
L’onta soffrirne e il danno
può l’amante d’Ismene,
Prence, invan più mi arresta
Quant’ho, tutto è tuo dono.
mi fosse un sì gran bene?...
Giusto è, sì, principessa,
pastor, sì, cui più greggi
Fia tempo. Or de’ miei casi
non men che in altre spoglie,
Più di Ormonte il sol valse
non servì che a sé stesso.
mi palpiti, fa’ ardire). (Si avanza)
che in me sia, vengo astretto
             Vieni, o rea figlia;
                             A lei parlo.
N’hai già largo compenso,
più debbo? O padre! O figlia!
Vorrei... Ma... Senti, Ismene.
Ti arresta. In tuo soccorso,
                                Che puote
No. Cisseo, benché ingrato,
                   Taci. Vien Glaucia.
              Qui inutilmente
(Conviene il tempo e il luogo).
                       Entro a sue fasce,
                         D’Ismene,
                                    Fia tempo

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