Metrica: interrogazione
105 ottonari in Sirita Venezia, Pasquali, 1744 
ti consiglio a tolleranza
con l’idea di un maggior bene.
   Imperfetto è quel diletto
che non costa alla speranza
un soffrir di lunghe pene.
   Un bel volto amai sinora
senza speme e senz’affanno.
   Or con speme entrò nel core
fredda smania e rio timore;
e del vario incerto affetto
odio il bene e sento il danno.
   Sprezzo un regno e sono amante
di un bel volto e di un bel core.
   Ma se il cor trovassi infido,
tosto il core ed il sembiante
   Luci belle, un tempo amate,
a pietà, più che a timor.
   Se vi cedo al ben di un regno,
tanto sdegno in me perché?
io pur fui del vostro amor.
   Dissi al cor, dal primo istante
che beltà lo rese amante:
«Di amar lascia o in te si avvezzi
   M’ubbidì; senza lagnarsi
egli soffre oltraggi e sprezzi
   Se anche un guardo involerà,
   Tu ad amor non dai ricetto;
e in custodia del tuo petto
   Te felice! Oh, dal tuo core
prenda esempio ogni beltà.
che seguendo e quella e questa,
questa e quella a lui sen fugge.
   Qua e là gira e l’occhio e il piede.
Fiuta, anella e torna e riede,
sinché stanco in sul terreno,
di lassezza egli vien meno
   Diamo canto e diamo onor
al valor ma più all’amor
dell’eroe che lo atterrò.
   S’ami dunque e più non sia
   Ostinarsi in ritrosia
   Sprone amore è alle grand’opre
e sia premio anche a valor.
   Sconoscenza ci ricopre
d’ignominia e di rossor.
   Bianca man, chiedo a te morte,
   Occhi, a voi non chiedo pianto,
anche un guardo a cor fedele. (In replicando l’aria s’inginocchia e prendendole la mano gliela bacia; ma lei ritirandola e scostandosi da lui, esso rimane inginocchioni)
cambio vuol d’alma con alma
Per lei pianto è crudeltà.
sempre ascoso a’ rai del dì,
   Addio, ingrata. (Fiero a Sirita) Non risponde. (A Romilda)
Sì, ti lascio. (A Sirita) Non mi arresta. (A Romilda)
Sì, per sempre ti abbandono. (A Sirita)
E non trovo ancor pietà. (A Romilda)
   Sarò d’altra. In pace resta, (Fiero a Sirita)
se un’ingrata aver può pace.
Fingo sdegno e l’ empia tace. (Piano a Romilda)
   Voi sapete, occhi vezzosi,
   I suoi dardi a’ vostri sguardi
temprò amore; e che fe’ poi?
Me bersaglio a’ colpi suoi.
   Non si stenda a un popol solo
il piacer che l’alme inonda.
   Gloria e amor da polo a polo
   In applauso a sì bel nodo
stuolo vien dal Tebro invitto.
   Asia dice: «Anch’io ne godo»;
«Ed anch’io» l’adusto Egitto.
   Sei pur mia, tanto più caro...
Sì, son tua, tanto più caro...
   Non mi unisce a te consorte
   Degni sposi, illustri amanti,
chi mai fia che onori e canti
vostri pregi e vostri amori?
   Gloria e fama il più ne tace;
tutti in dire i vostri onori.
   Degni sposi, illustri amanti,
   Gloria e fama il più ne tace.

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