Senza core e senza ingegno
Io dal core attendo un regno,
vostro un giorno mi giurai
Or più lieta è la mia brama,
in sentir che tal mi chiama
la pietà del vostro amor.
Spiagge amate, a voi ritorno
con più fasto e con più amor.
Ho di lauri il crine adorno;
ma in catene ho schiavo il cor.
ma non son però infedele.
che il mio ben mi sia crudele.
che in difesa i regni avete,
Fate voi che su quel soglio,
che un reo sangue empie di orgoglio,
Bella fede, a te consacro
la mia vita e la mia fama.
Rischio e morte orror non fa
che ben serve e che ben ama.
Benché tarda, è sempre un bene,
Ed allor che più si aspetta,
più consola e più diletta
e più merto ha la costanza.
Giuro a te, sommo tonante,
e a voi, menti eterne e dive,
vive Astarto, Astarto vive,
a noi duce, a noi regnante;
io farò che in trono assiso
leggi a Tiro ei dar si scerna,
Torni Astarto, il degno erede,
torni al soglio e cada l’empio.
Giuro a questo eterno scempio,
a quel giuro eterna fede.
Scenda, Giove, a incenerirmi
ma un dì ancor potrai pentirti
Peno amando e un rio sospetto
Ma se pena in me l’affetto,
quel di un empio non godrà.
Va’, che sei ben fortunata;
tu l’adori ed egli t’ama;
ei ti brama e sei fedele.
offro il regno ad un indegno,
dono il core a un traditore,
son pietosa a chi è crudele.
che il mio amore io scopra a te.
il mio core ed il mio foco.
è un favor che non è poco.
bella ingrata, che lasciarmi
una speme ch’or m’inganna.
non direi che ingrata sei
né saprei che sei tiranna.
Ammutisci? Impallidisci? (A Fenicio)
Tu che hai fé? Tu che hai costanza?
se ho il poter di spaventarti.
E tu, indegno, nel mio sdegno (A Clearco)
non paventi? Qual speranza?
Se ho ragion per minacciarti,
ho anche cor per non amarti.
troppo, troppo è dispietato;
troppo barbari voi siete.
troppo, troppo ho fido il core,
S’io ti amassi qual vorresti,
ti direi mio ben, cor mio
ma... No no, nol dico a te;
dico sol ch’io tel direi.
tra il timore e tra il desio.
Se nol fo, non so perché;
sol io so che quel non sei.
Questo duol tu vedi in me,
perché in lei, mio dolce ardore,
Dir di più non posso a te.
Ma so ben ch’ora in quel core
Questo è tempo di soffrir;
si ritarda il suo piacer.
Qual fra il porto e la tempesta,
fra il timore e fra la speme
legno incerto è l’alma mia.
Pur mi affido e credo a questa,
perché i mali, ch’ella teme,
vince il ben ch’ella desia.
Se ha per guida la costanza,
Il piacer, che dell’affetto
premio ancora è della fede.