Parto, o bella, e già son certo
Alma e destra ho più robusta;
se la parte or son più giusta,
Empia figlia, ingrata amante,
niego il rogo al padre estinto,
mando a morte il caro bene.
Già ti sdegno, amor di regno
che fai solo ad un istante
le mie colpe e le mie pene.
servo sono al tuo sembiante.
Questo è ’l trono, in cui t’inchina
giusto amore e degno amante.
Entro in campo, o dio d’amore,
tuo guerriero e stringo l’armi.
Tu sostienmi e braccio e core;
e in mercede al tuo gran nume
si alzeranno e bronzi e marmi.
Al mio braccio ed al mio brando
morto ancor sarò d’inciampo
Sei mia speme, mio ristoro;
il mio giudice, il mio re.
Vo’ che l’alma a te si aggiri
e in sospiri il cor disciolto
Tu vincesti, o cor guerriero;
ma da’ rai di un bel sembiante
È tuo fasto un grande impero;
ma di te già fatto amante
Se innocente spieghi il volo,
senti l’aura che ti affida
Se l’umor comparte ai fiori
quel ruscello chiaro e bello,
sente l’aura che gli dice:
«Va’ felice insino al mar».
Di quest’alma, o cielo, a’ prieghi,
regno e amor serbar dovresti.
Se un di questi a me tu nieghi,
il mio bene almen mi resti.
a lo sdegno, a l’ardimento
di un’ingrata e di un rivale.
al tuo amor farò spavento,
Parto... O dio! Partir non so.
Resto... No, che non si può.
Quell’amor, che affretta il piè,
mi levate, stelle ingrate,
Più mi alletta che soggetta
che agli amori amiche siete,
anche il mio, deh! proteggete.
A un amante il dir: «Ti adoro;
per te peno, per te moro»
Ma se ’l core a te nol dice,
questo sen ch’è tua speranza.
dal valor di tua costanza.
A quel ben che voi perdete,
«Siamo gli ultimi respiri
di colui che muor per te».
Vuoi la morte? E morte avrai.
Ma infedel non lo vedrai.
Vuoi la morte? E morte avrai.
Nel tuo sangue (Ad Arsace) e nel tuo pianto (A Statira)
E vedrò quel laccio infranto,
onde insieme amor vi unì.
Sento amor che sospirando
dice a me ch’io vivo in te
e tu sei solo il mio cor.
Così dice; e poi sperando
la risposta attende amor.
Prigionia non mi spaventa;
ch’è la pena del mio Arsace.
Lui, deh! togli a le ritorte,
gli odi tuoi soffrirò in pace.
Tu non sai quanto spietata (A Statira)
sia per lui la tua pietà.
Tu ’l condanni, perché ingrata,
e ’l tuo amor più reo lo fa. (Parte)
Tu non sai quanto crudele (Ad Arsace)
per costei sia la tua fé.
se pietà tu vuoi da me. (Parte)
brama audace di vendetta.
Vuol così ragion di onore.
senza duolo oggi mi affretta
a tradire anche il mio core.
Di’ ch’io mora e vanne al trono;
Io voler che Arsace mora? (Piange)
Disarmato il dio guerriero
qui si arrende al dio d’amor.
E di fiamma più innocente
qui si accende il nostro cor.