Metrica: interrogazione
117 ottonari in Venceslao Milano, Malatesta, 1705 
   Abbiam vinto, amico regno,
n’è tuo frutto e gloria e pace.
   Del fellon superbo e fiero
vedi il teschio, in suol straniero
   Ama sì ma sempre chiara
   Ti consiglio a far ritorno,
   Come va da bosco al prato
   E pur dirgli m’è negato:
«Frena, o caro, il tuo bel duolo,
   Col pensier che mia tu sei,
già contento il cor mi par;
   e sì dolce è un tal momento
che di morte anche il tormento
   Bocca bella, del mio duolo
   Il suo amor piange sprezzata,
ingannata, anche il suo onor.
   Comun bene, amica diva,
cresca ognor tua verde uliva.
   Più non vien tromba nociva
e al valor del forte Ernando
l’alta gloria sol s’ascriva.
   Quella fé che tu giurasti
a più d’una che ingannasti
   Parto amante e parto amico,
   Se nol credi o te ne offendi,
la fortezza di quest’alma,
   D’ire armato il braccio forte
   Duolmi sol che il fier rivale
   Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
torna, torna ad abbracciarmi.
                             A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé rispigne Lucinda)
   Traditore, più che amore
brami piaghe e vuoi svenarmi?
   Nel seren di quel sembiante
   E saprà d’un incostante
   Spera ancor l’antico nido
   forse amor sia meno infido
   Voi dovreste esser più liete
e il mio cor non sa perché. (Casimiro in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
   Da te parto e parto afflitto,
   Ma poi tacqui il dolce nome
che più aggrava il mio delitto
e più accresce il tuo dolor.
   Sei mia gioia, sei mio bene,
sei mia pace, o mia speranza.
d’empio fato ha la costanza.
   Se virtude al cor mi parla,
   Degli affetti del mio core,
il più forte è sol l’onore
   Sarà gloria a la costanza,
   Toglie il merito a la fede
   Date morte... Ah no! Fermate
                  Bella...
                                 Questo petto
leghi amor in mezzo a l’armi.
                                    mio
   Come grande è il            tormento,
                                     tuo
ch’oggi amor saprà donarmi.
   Taci, amor; cedi, natura;
   Oggi vuol la mia sciagura
che a punir mi affretti un figlio
   L’arte, sì, del ben regnar

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